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Vuoi essere libero Andrew? Ti importa molto esserlo?

Andrew disse: -Vorreste essere schiavo, vostro onore?

-Ma tu non sei schiavo. Tu sei un ottimo robot, un genio nel tuo campo, a quanto ho sentito, capace di creazioni artistiche che non hanno uguali. Cosa potresti fare di più se fossi libero?

Forse niente, vostro onore, ma tutto quello che farei lo farei con maggiore gioia. In quest’aula ho sentito dire che solo un essere umano può essere libero. A me pare invece che chiunque lo desideri dovrebbe poter essere libero. E io voglio la libertà.

Isaac Asimov

Se il reparto ha cambiato aspetto, la sala medici ha subito una trasformazione netta: è diventata sala medici, studio del primario, cucina e zona relax. Tutto il tempo che passiamo fuori dalla zona rossa si concentra qui. In poco tempo, con il contributo di tutti, compaiono gli oggetti essenziali per sopravvivere: una macchinetta del caffè, un forno a microonde, una piccola dispensa. Ogni giorno arrivano pacchi solidali dagli esercizi ancora aperti: pizza, torte, una sera addirittura una vaschetta di gelato. Ci sono poche regole universali negli ospedali e una di queste è che il cibo è sempre bene accetto: nulla sarà accolto con più entusiasmo di qualcosa di buono con cui buttare giù il ventesimo caffè durante una pausa di tre minuti in un turno che sembra eterno. I messaggi che accompagnano i vassoi sono ancora più commoventi #andràtuttobene #aiutiamochiciaiuta, perfino un “non buttate il vassoio che vengo a riportarvelo pieno”.

Più problematica è la gestione delle visite e in particolare la comunicazione interno-esterno. Nell’open-space (lo stanzone da 7 letti diviso dalla zona pulita da un lungo vetro) è stato installato un interfono: da fuori si può parlare a un microfono e la voce viene diffusa all’interno, da dentro, in teoria, i suoni vengono amplificati e riprodotti all’esterno. Se può essere sufficiente per gli allarmi dei ventilatori non lo è, però, per le nostre parole: sotto maschere e visor e con il rumore continuo dell’aria nei caschi e degli allarmi non basta sgolarsi per farsi comprendere da fuori. Il problema c’è sempre stato, ma è storicamente stato risolto con l’acquisizione di una grande abilità a sillabare attraverso il vetro e a leggere il labiale dal lato opposto. Con le mascherine neanche questa è un’opzione praticabile. La prima soluzione attuabile, la più rapida, è prendere appunti su un foglio e appoggiarlo al vetro affinché chi si trova all’esterno possa copiare/fotografare o leggere quanto scritto. Ciò implica, naturalmente, essere sempre due in turno.
Quando, però, a partire dal secondo giorno iniziamo a riempire le altre stanze, che non hanno un vetro, la situazione si complica. Bussiamo sulla porta per richiamare l’attenzione di chi si trova all’esterno, poi lasciamo scivolare un foglio sotto la porta e chi sta fuori (senza toccarlo) lo fotografa o ci porta il materiale necessario. Sempre grazie all’intraprendenza del personale (e del primario) a facilitarci il compito compaiono dapprima un baby monitor, una di quelle radioline che si usano per controllare il sonno dei neonati, e dopo qualche giorno quattro coppie di walkie talkie.

Photo Courtesy of Fabio

Il resto del racconto e dei diari del reparto Covid sono disponibili qui

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