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Siamo un paese di alcolisti, bisogna prenderne atto.
Ma non di alcolisti fastidiosi come gli inglesi che bevono pinte su pinte a stomaco vuoto e poi vomitano nella metropolitana. Noi siamo più come quei vecchietti che “Bevo solo un bicchiere di vino a pasto, ma quello buono, che faccio io” e che poi vanno in astinenza 48 ore dopo il ricovero perché gli ospedali si ostinano inopinatamente a servire solo acqua.
Non sto scherzando. Secondo la definizione di alcolismo basta bere più di un bicchiere di vino (o di una birra piccola) al giorno o più di 4 bicchieri in una sola occasione per rientrare nella categoria… Fatevi due conti sull’ultima festa a cui avete partecipato.

L’alcol è connaturato alla nostra cultura: ci saranno tanti italiani non bevitori, ma vi sfido a trovare un vero, autentico astemio. Vi sfido a fare un tiramisù senza un goccio di rum nella crema o la torta di nocciole senza accompagnarla con lo zabaione o il risotto senza sfumarlo col vino bianco o il ragù senza vino rosso. Vi sfido ad andare ad una sagra in cui non scorra vino a fiumi, ad andare a cena dagli amici senza portare “una bottiglia buona” a festeggiare Capodanno senza stappare lo spumante, a mangiare una pizza senza birra.
In questo contesto i provvedimenti, sempre più disastrosi, della SindacA a 5 stelle hanno la stessa lungimiranza politica del sig. Rino, l’inquilino rompicoglioni del primo piano del palazzo dove abitavo da piccola che ci bucava il pallone con la speranza di poter proseguire meglio la siesta e che otteneva, per tutta risposta, l’odio del palazzo e i cori di sfottò dei bambini.
D’altro canto dagli inventori di uno vale uno e del potere al demerito non si può pretendere l’acume politico di Berlinguer.
Ma facciamo un breve, brevissimo riassunto.

Succede che, dopo il 2006, grazie a una gestione criticabile e dispendiosa, ma a posteriori abbastanza efficace, Torino acquista la fama di città giovane e vivibile. Succede che decine di migliaia di studenti universitari ci si trasferiscono. Poi, un po’ per sfiga, un po’ per mancanza di soldi, permessi ecc. succede che a Torino chiudono, negli ultimi 4-5 anni, un sacco di locali, tra cui i mai troppo compianti e celeberrimi Murazzi, luogo di devastazione semi-controllata e semi-isolata a due passi dal centro e a dieci metri di profondità. Succede che, a meno di instaurare una dittatura stile Iran, la gente che al sabato sera è sempre uscita continua pervicacemente a voler uscire. Chi è abituato a frequentare i Murazzi si sposta in Piazza Vittorio, chi viveva agli imbarchini del Valentino passa in San Salvario, chi non ne può più di San Salvario si sposta in Vanchiglia.
I residenti, come il sig. Rino, protestano per tutto il casino che va a formarsi per strada: i locali d’altra parte sono piccoli e il clima è decisamente più favorevole che in Canada o in Norvegia ed è normale che gli avventori apprezzino i tavolini all’aperto (che solo i torinesi chiamano, alla francese, dehor).

La giunta pentastellata, con abile mossa, nel 2017 emette un’ordinanza: niente alcol da asporto dalle 20 alle 8 nei quartieri più interessati dalla Movida: San Salvario, Vanchiglia e Centro.
Ora c’è solo una cosa che stimola gli italiani ad agire: vietare qualcosa. Il nostro popolo ha imparato nei secoli a sopravvivere sotto le più svariate dominazioni, ricavandone un allegro sprezzo dell’autorità e la profonda convinzione che fregare lo stato sia giusto e divertente.
Vieti l’asporto? nessun problema, si compra il vino al supermercato h24 e lo si beve per strada. Vieti di bere per strada? sono già pronti camelback e botti da San Bernardo o bottiglie di gin-tonic travestite da schweppes. Vieti San Salvario? Tutti si spostano su Corso Moncalieri e si ricomincia da capo.

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Me li vedo i consiglieri comunali alle prese con questo grattacapo. Peggio del signor Rino del primo piano. “Il nostro progetto è inaspettatamente fallito, vietare l’alcol da asporto non basta! La gente prende i cocktail nei locali e poi esce a berli al di fuori degli spazi consentiti”
“Eh già, il nemico è molto più astuto del previsto, pensa che alcuni hanno addirittura iniziato a cambiare quartiere”
“E ora come si fa?”.
L’assessore alle politiche giovanili propone di creare degli appositi festival in periferia, che raccolgano i giovani e li allontanino dal centro e dai sig. Rino dei quartieri ricchi, ma viene immediatamente schernito: “Quanto credi che ci metteranno gli abitanti della periferia a lamentarsi di questi festival? Dovremo ricominciare tutto da capo”.
“Vietiamo del tutto l’alcol alla sera!” interviene allora l’assessore all’innovazione e progresso cittadino.
“Ma non vi sembra irrealizzabile?” commenta qualcuno “Ma non pensate che perderemo consensi?” azzarda un altro
“Non pensi a tutti i consensi che ci deriveranno dalla QuieteDeiResidenti”
“Ma a me questa QuieteDeiResidenti sa un po’ di SilenzioDegliInnocenti o di AlbaDeiMortiViventi”
“E non ti attrae forse l’idea di una città che all’alba è pacifica e silenziosa e può godere del sano riposo che deriva dalla morte di tutti i suoi abitanti?”
“Ma non pensate che i gestori dei locali possano protestare?” interviene il solito piantagrane “E come si fa con l’asporto e i vari foodora? Mica vogliamo far fallire questa risorsa di garanzie e di diritti per i giovani lavoratori!”.
“Nessun problema – continua l’assessore alla genialità e al proibizionismo – Abbiamo pensato a tutto”.

Ecco il risultato.

Se non avete voglia di leggere l’articolo originale ve lo riassumo: dalle 21 è possibile ordinare nei ristoranti e locali bevande alcoliche solo se accompagnate a piatti caldi e in misura “proporzionata” (1 bicchiere per porzione). Ma solo fino alle 23, dopodiché tutti a casa a vedere ballando con le stelle. Idem per l’asporto: ogni pizza uscirà con la sua birra e se per caso con i 50 gradi di agosto desiderate la seconda birra… pizza in omaggio! Ma sempre rigorosamente prima delle 23. Prevedo apocalittiche gare di ingollamento pizze che manco a San Francisco con gli hot dog.
Saranno limitate, anche se non si sa ancora in che modo, la vendita di bevande alcoliche anche nei supermercati e distributori. Nulla si sa di come fare a trasportare gli alcolici di casa in casa: sarà consentito portare bottiglie chiuse? E chi verificherà che le stesse non vengano invece utilizzate per i demoniaci boteillon?
Ancora non si sa cosa ne sarà di piole e vinerie che da secoli a Torino servono solo piatti freddi come acciughe al verde e uova sode. Probabilmente sarà consentito ubriacarsi ma solo in orario lavorativo, o comunque prima delle 21.
Diventeremo come l’Inghilterra, dove il venerdì è riconoscibile dal casino che si sente per strada. E il casino è prodotto da centinaia di persone vestite da ufficio che chiacchierano, spesso sotto la pioggia, con la loro quinta pinta di birra in mano, rigorosamente servita in boccali di vetro. C’è rumore, inevitabilmente. A Londra ce n’è così tanto che sembra di camminare in un alveare. I residenti se ne fanno una ragione, magari scendono anche loro a bersene una. Alle 19, quando i pub chiudono, sono tutti ubriachi come delle pigne e tornano a casa cantando e rumoreggiando. Ma prima delle 21, s’intende. Questo sì che è progresso.
Forse potremmo rispolverare anche l’idea degli speak easy, come ai tempi del proibizionismo anni ’20. Anzi, prevedo fantastici toga party a tema: capelli alla maschietta, bretelle, bocchini per le sigarette, whiskey distillato in casa e parola d’ordine per accedere a un locale nascosto sotto ad una cabina del telefono.
Ci sono voluti vent’anni per togliere a Torino la fama di città che muore al tramonto, per insegnare ai pizzaioli a sfornare anche dopo le 22, per convincere i ristoratori che non tutti gli avventori sono piemontesi che amano mangiare alle 19.30 e anche chi va al cinema al primo spettacolo ha diritto a cibarsi uscito dalla sala… e ora tutto è frantumato grazie a questa geniale mossa politica.
Me li immagino gli entusiasti sig.ri Rino che finalmente ad Agosto potranno aprire le finestre e godere della placida quiete della città deserta, anzi morta. Nessuno per strada, solo un lontano coro di ubriachi. Possibile? Ma da dove arriverà mai? Chi mai può osare sfidare apertamente le ire della sindacA? Sono gli inquilini del piano di sopra. Hanno regolarmente acquistato vino e superalcolici in orario diurno e ora stanno dando una festa openbar che si protrarrà sicuramente per tutta la notte.
In fondo è questo che accade in Iran, dove l’alcol è proibito: lo si distilla a casa e si organizzano feste. E lì hanno pure la polizia politica che può arrestarli. Ecco, io fossi la SindacA almeno su questo ci farei un pensiero: se proprio devi prendere spunto almeno fallo bene, Chiara!

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