Molto scalpore ha suscitato, riportano quasi tutti gli articoli che accompagnano quest’immagine, la foto scattata in un pronto soccorso californiano: mostra un medico fisicamente piegato da dolore subito dopo aver perso un paziente di diciannove anni.
Come in ogni notizia dal buonismo facile ci si è gettato a capofitto anche il nostro Gramellini, che chiosa, al termine del suo Buongiorno: “Dovrebbero farne un poster e appenderlo nelle facoltà di medicina”.
No, caro Gramellini, le facoltà di medicina non hanno affatto bisogno di questo monito, e ti spiego brevemente il perché.
Quando mi sono iscritta all’università pensavo, come tutti, che quello del medico fosse il mestiere più bello del mondo, perché mi avrebbe consentito di prendermi cura del prossimo, di guarirlo da terribili malattie e nulla mi avrebbe gratificato di più che arrivare a fine giornata sapendo di aver salvato una vita.
Ora che sono un medico penso ancora che il mio sia il mestiere più bello del mondo, ma penso che sia anche uno dei meno gratificanti in assoluto.
Andate in un pub al sabato sera, prendete un campione di cento ragazzi tra i ventuno e i ventisei anni e chiedete loro quante persone, nella loro vita, hanno visto morire, con quanti malati terminali hanno parlato, quanti bambini o coetanei hanno visto soffrire.
Ora ripetete l’esperimento in un’aula del quinto anno di medicina. Forse non tutti avranno avuto un primo tirocinio come il mio, ma ogni studente di medicina, prima della laurea, si è trovato a contatto con la morte e ha sviluppato una strategia per affrontarla, per renderla tollerabile o per chiamarsene il più possibile fuori.
Qualcuno ha scoperto che proprio non ce la fa e ha trovato delle alternative, qualcuno ne fa la propria vocazione, ma, vi svelo un segreto: per nessuno è mai facile.
E quindi sì, meraviglia, il medico che si accorge di essere impotente di fronte alla malattia e alla morte si sente male, quasi come se quello sconosciuto che il caso gli ha affidato fosse un suo amico. Talvolta ce la fa a sopportare il peso, talvolta si convince che si tratti del termine di una sofferenza, talvolta si interroga per giorni su cosa avrebbe potuto fare di diverso o di migliore, talvolta soccombe. Lo fa magari in modo meno plateale del dottore californiano, a casa, sfogandosi con la famiglia o con i colleghi, può persino accadere che la sua psiche ne riporti danni permanenti (si chiama sindrome da burnout).
E quindi no, Gramellini, quella foto non va appesa nelle facoltà di medicina, va mostrata ai sessantaquattromila ragazzi che ogni anno tentano il test di ingresso (un diplomato su otto, è possibile che un diplomato su otto voglia davvero fare questo lavoro? E’ possibile che sappia cosa sta facendo?).
Va mostrata a chi in pronto soccorso scalpita e protesta perché la coda già lunga è bloccata da un codice rosso e deve aspettare quattro ore per essere visitato per la sua lombalgia cronica.
Va mostrata a chi si lamenta dei medici perché dopo tre infarti, un arresto cardiaco, due mesi in rianimazione e un intervento cardiochirurgico complesso ha un piede insensibile (comune complicanza da allettamento), senza pensare che è vivo per miracolo.
Ma soprattutto va mostrata a chi distribuisce questi volantini fuori dall’ospedale, inducendo chiunque a tentare la strada del rimborso facile (tanto è gratis, tanto qualche errore si trova, tanto paga l’assicurazione che male c’è).
Nessuno sa nulla del medico della foto, né si sa di chi sia la colpa della morte del ragazzo (se mai colpa c’è stata), eppure “il web si commuove” e “l’immagine fa il giro del mondo”: nella semplicistica sfera emotiva di internet il dolore di questo medico lo assolve, così come le fotografie di autopsie di gatti condannano perpetuamente gli scienziati a truci sofferenze.
Ebbene, forse serviva una foto di così forte impatto per far comprendere che ogni medico si è sentito così, almeno nell’anima, almeno una volta nella sua carriera. Ricordatevelo la prossima volta che “Se guarisco è merito di padre Pio, se non guarisco è colpa dei medici”.
fosse davvero come Lei descrive…
Inizialmente i neolaureati in medicina mostrano attenzioni ed umanità impeccabili, che inesorabilmente vanno scemando per mille motivazioni. Chi sta davvero al capezzale del paziente sono gli infermieri, perchè i medici poi sono orientati solo ed esclusivamente all'aspetto diagnostico e prescrittivo. L'umanità di pochi medici esiste ancora ma ci sono attrattive che più che mai tendono a distoglierli dalla "vicinanza umana" verso i propri assistiti.
Direi che come affermazione è un po qualunquista…..ho lavorato con bravi infermieri che (comprensibilmente) si lamentavano di "quello li' non dorme mai" o " quell altro si caga sempre addosso" e bisogna cambiarlo ogni santo giorno….le attrattive di cui parla vorrei conoscerle xche'non le ho sperimentate ancora….
Beato te che hai visto tutti 'sti premurosi infermieri al capezzale dei malati….
Non confondiamo i ruoli: i medici fanno i medici e gli infermieri fanno il loro mestiere. Il medico oltretutto è ossessionato dal terrore delle denunce che gli piovono addosso grazie agli sciacalli che ci marciano su.
Percarità gli infermieri sono i peggiori.
le attrattive? studi privati, soldi a go go… medicazioni e clisteri a domicilio pur di far soldi…
CONDIVIDO IL PENSIERO DELLA COLLEGA. MI CI RITROVO NEL SUO PENSIERO ANCHE SE NON POSSO DAR TORTO AL COMMENTATORE CHE RITIENE CHE GLI INFERMIERI SIANO PIU' VICINI AI LORO PAZIENTI. RIFLETTIAMO DAVVERO SU QUEST'ASPETTO. GRAZIE. UN SALUTO.
quali sarebbero queste attrattive? Medico da 10 anni
le attrattive? studi privati, soldi a go go… medicazioni e clisteri a domicilio, pur di far soldi…
Guardi che per fare il clistere alla nonna non serve la laurea in scienze infermieristiche, lo fa lei e risparmia i soldi. Le fa schifo? Eh, si..
quali sarebbero queste attrattive? Medico da 10 anni
Ma che enorme cumulo di stronzate che leggo. Chi bazzica solo alla lontana l'ambiente sanitario in Italia sa come vanno le cose e a vedere la foto di cui sopra il primo commento che può suscitare è "ma quanto sbattimento!!!"
Perchè la sanità in Italia è solo un lunghissimo gioco dello scarica barile, condito da incartamenti di vario genere e prodotto da tutta la scala gerarchica, la cura vera del malato avviene solo alla fine di questo enorme passaggio di carte inutili, atto a far si che l'ultimo a lavorare della gerarchia sia il più esposto a rischi garantendo lo stipendio facile a tutta la piramide a rischio zero….e in questo gioco "legale" tiro fuori gli interessi privati dei medesimi soggetti, che vaa incasinare ancora di più il quadro.
Quella foto oltre che in ogni struttura sanitaria andrebbe messa anche in aula parlamentare, che nutre tutto questo schifo.
Molto demagogico e qualunquistico. .. io so che l'umana pietas non si acquisisce in un tomo di anatomia, o ce l'hai o non ce l'hai … ecco perché comunque sono d'accordo con Gramellini! Almeno con un poster si può aiutare chi non ce l'ha a capire che esiste!
In italia di medici seri professionali disponibili umani ce ne sono tantissimi. I medici ogni giorno combattono per salvare vite per alleviare il dolore per cercare una soluzione ; ogni volta che un tuo paziente sta male stai male anche tu; quando non esiste cura; quando non ci sono posti per tutti in ospedale; quando ti muore un paziente senti la sconfitta e una parte di te muore insieme a lui. La vita del medico è difficile e le preoccupazioni non restano fuori della porta di casa…il medico vive nella speranza di far star bene i suoi pz. Gran parte dei medici lavorano tanto senza mai un grazie un sorriso e rischiano tutti i santi giorni di ricevere lettere da alcuni avvocati , che poco sanno dei malati dei parenti dei malati e delle loro mille sofferenze.
La Medicina non è un mestiere, la Medicina è una Professione, un Arte, non tutti possono comprendere, ogni medico Giura prima di cominciare ad esserlo ,
Il medico non è diverso da un qualunque altro professionista. Certo ce il medico più bravo e pii preparato come ce l ingegnere o l avvocato più bravo e piu preparato. Ce il medico che decide di guadagnare di piu lavorando anke nello studio privato oltre che in ospedale. E allora? Insomma trovo che tutto il duscorso a monte pecchi di un presupposto di base e cioè che ritiene i medici una categoria differente.seondo me non è così.
Sono medico da venticinque anni e condivido ogni parola ed ogni punto e virgola del mio collega. Naturalmente è successo anche a me, e vorrei dire un paio di parole a quelli che pensano che questo mestiere lo facciamo per soldi (???).
Innanzitutto, qualcuno può spiegarmi perché in questo paese vige l'aberrante convinzione che un medico dovrebbe lavorare "a gratis" mentre non è un problema che sconosciute veline o anche più noti calciatori portino a casa cifre che io nemmeno riesco ad immaginare solo per una comparsata in TV?
Poi si, naturalmente anche a me è capitato di fallire, nonostante avessi fatto tutto quello che era in mio potere e anzi molto ma molto di più… Ricordo un caso in particolare, una mia paziente che mi aveva supplicata di rioperarla perché non ce la faceva più a sopportare i dolori provocati dalla recidiva della malattia di cui soffriva (endometriosi severa). Le avevo spiegato che il reintervento nel suo caso era molto rischioso e non garantiva il successo che lei sperava, ma lei niente, continuava ad implorarmi, così abbiamo tentato l'intervento, ma nonostante un milione di precauzioni e attenzioni la temuta complicanza è arrivata. Ed è cominciato per lei ma anche per me un calvario durato tre mesi, in cui io mi sono incollata al suo capezzale e non l'ho lasciata sola neanche per un giorno, neanche fosse stata una mia parente stretta, ma ormai sentivo che eravamo legate e glielo dovevo e ho fatto di tutto per alleviarle quel lento e faticosissimo ritorno ad una vita normale. Il tutto, per inciso, a me ha "fruttato" la bellezza di una settantina lorda di euro (70€, si, avete letto bene). Ricordo ancora l'ultima telefonata per scambiarci gli auguri di Natale, con lei che ancora mi rincuorava : "tranquilla, lo so che non è stata colpa tua, tu ce l'hai messa tutta ma lo sapevamo entrambe che sarei stata un caso complicato" e poi i saluti e la promessa di vederci dopo le feste per un saluto a casa sua, che "anche il mio piccolo ha voglia di vederti"….. Neanche due mesi più tardi mi faceva recapitare una raccomandata che conteneva la citazione in giudizio per "imperizia". Cosa poteva averla cambiata così repentinamente? Uno di quei volantini probabilmente, o comunque un avvocato senza scrupoli che le avrà detto "cosa ti importa? chiediamole il risarcimento, tanto loro sono tutti assicurati…."
Ancora oggi non so spiegarvi l'amarezza che mi ha lasciato questa storia, come se già non bastasse la mia tristezza di non essere riuscita a far star meglio la mia paziente che tanto sperava in me… Mi sono sentita tradita e pugnalata alle spalle, e pur senza augurare il male a nessuno, spero che se mai riceverà quei soldi sarà ormai troppo vecchia e stanca per goderseli ma soprattutto mi piacerebbe poterla guardare un'ultima volta negli occhi e farla vergognare fino alla morte per la sua malafede, che proprio non meritavo….
Ma pazienza, nonostante tutto rinascessi altre mille volte rifarei sempre questo mestiere, perché lo scegli solo se ce l'hai dentro.. Non puoi, soprattutto coi salari di oggi, farlo per soldi, mai. Anche se è sacrosanto che che anche noi, come qualsiasi altro lavoratore e professionista, ci facciamo pagare per nostro lavoro.