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assurdamente tratta

tra solo più ed ancora
mentre trascorre ratta
e insieme lenta l’ora

ristò, gelo, sospesa
attendo a capo chino
d’udir, l’orecchia tesa
i passi del destino

ristanno anche i pensieri
tronchi, non formulati
se un tempo fuor leggieri
gelano appena nati

immobili nel gesto
di trarre il primo fiato
in un secondo resto
sospesa tra il passato

ed il presente: tempo
prigione del momento,
momento senza tempo
agir non so, ma sento

fidar non sia leale
speranza e confidenza
autoreferenziale.
Virtute e canoscenza

inutilmente nobili
neuroni, non lo nego,
han le sinapsi immobili.
Dunque che faccio? Prego

che Crono, gran vegliardo,
tronchi questa distanza
mentr’io vieppiù mi attardo,
sola, con la speranza.

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