Avete presente quelle sere di luna piena, quando il nostro satellite è basso sull’orizzonte ed è così grande che sembra di poterlo toccare? Quanti hanno provato a tirare fuori un telefonino salvo accorgersi che nella foto la luna è molto più piccola di come sembra dal vivo?
No, non siete pazzi, ma è inutile affannarsi con zoom e teleobiettivi perchè si tratta di un’illusione ottica che fa impazzire i neuroscienziati della visione da qualche secolo.
Forse qualcuno si chiederà perchè ho deciso di affrontare proprio questo argomento che non c’entra nulla col resto del blog, e anche se non ve lo siete chiesto vi beccate la storiella lo stesso. Correva l’anno 2010 e mi trovavo in vacanza a Malaga con un’amica e i suoi compagni di erasmus, una sera, mentre degustavamo paella sul lungomare, sorge dall’acqua una luna enorme che gli obiettivi delle macchine fotografiche non riescono (ovviamente) ad immortalare. Mi lancio lì per lì in una spiegazione che ricordavo di aver letto su un libro di neuroscienze sul perchè quella della luna all’orizzonte altro non fosse che un’illusione ottica o meglio una diretta conseguenza del modo che il nostro cervello ha di percepire le distanze e le dimensioni degli oggetti e divento così per una decina di persone “quella-tipa-strana-della-teoria-della-luna”.
Poichè questo insignificante episodio mi è stato ricordato di recente, mi è venuta la curiosità di capire quanto ci fosse di vero nella spiegazione del mio libro di fisiologia ed è così che ho trovato questoarticolo.
Per tutti quelli che non hanno voglia di impiegare ore di tempo per leggerlo e capirlo vi offro una spiegazione rapida che vi farà fare una splendida figura a cena coi suoceri o sembrare sociopatici al primo appuntamento con una ragazza (“Guarda che luna grande, amore, non è romantico?” “Beh, vedi in realtà ti sembra che sia grande, ma dipende dalla legge di Emmert”).
Pronti? Allora incominciamo.
La distanza tra l’osservatore e la luna è sempre la stessa, indipendentemente dall’altezza di quest’ultima sull’orizzonte, è però esperienza comune che sia percepita come più grande quando è più bassa sull’orizzonte, come nella figura a destra in cui i cerchi vuoti sono le dimensioni reali e i pallini pieni le dimensioni percepite.
Perchè?
Esistono almeno due teorie su come il nostro cervello calcola dimensione e distanza degli oggetti. La prima, detta teoria della distanza apparente si basa sulla legge di Emmert secondo la quale la dimensione percepita di un oggetto è proporzionale alla distanza percepita, quindi la luna all’orizzonte sembra più grande perchè sembra più lontana. Una legge analoga esiste per gli oggetti comuni e recita “la dimensione lineare percepita di un oggetto è inversamente proporzionale alla distanza dell’oggetto dall’osservatore”, il che all’inverso significa che da un oggetto di dimensioni lineari note stimerò la distanza in base alle dimensioni percepite. Nella vita quotidiana è così intuitivo che non ce ne accorgiamo, ma appena perdiamo ogni punto di riferimento per un momento ci lasciamo ingannare.
Ad esempio nella foto accanto (ah, che bei ricordi il viaggio di laurea!) si può presumere che il gruppo sia costituito da persone alte in media 170 cm e sia quindi molto più lontano dall’osservatore della ragazza in primo piano, anche se per un istante abbiamo pensato di essere a Lilliput…
Per la luna non è altrettanto facile in quanto non abbiamo esperienza diretta delle sue dimensioni. Non sappiamo quanto è grande da vicino per poter calcolare la distanza sulla base delle dimensioni percepite. Sappiamo solo che l’orizzonte è molto lontano perchè gli oggetti di cui conosciamo le dimensioni ci appaiono molto piccoli, di conseguenza la luna all’orizzonte deve essere molto lontana e quindi molto grande. Viceversa quando è alta nel cielo e priva di punti di riferimento le attribuiamo una distanza standard che è minore dell’orizzonte e quindi la vediamo più piccola.
C’è un problema: la luna all’orizzonte ci sembra sì molto grande, ma anche più vicina di quando è allo zenith, da qui nasce la seconda teoria che è l’esatto opposto della prima e recita: la distanza della luna viene desunta dalla sua dimensione percepita. Ovvero la luna all’orizzonte sembra più vicina perchè la vediamo più grande. Il fenomeno chiamato a giustificare questa teoria è la micropsia accomodativa, secondo il quale quando guardiamo degli oggetti in mezzo al cielo senza punti di riferimento tendiamo ad accomodare di più di quando guardiamo verso l’orizzonte e questi ci appaiono così più piccoli. Dalle minori dimensioni percepite, secondo questa teoria, deriviamo una distanza maggiore.
Come stabilire quale teoria è corretta?
Gli autori dell’articolo hanno costruito allo scopo un ingegnoso sistema di specchi e dischi all’interno di un visore tridimensionale simile al view master (per i vecchi che ricordano quest’epoca pre-Nintendo 3Ds e pre film 3D).
Hanno sottoposto a 4 soggetti per 25 volte l’immagine di un paesaggio con due lune delle stesse dimensioni, una fissa (di riferimento) e una con disparità binoculare variabile, il che si traduce, nel visore, in un avvicinamento o allontanamento apparente della luna mobile rispetto a quella di riferimento*. Hanno poi chiesto agli osservatori di segnalare il momento in cui la luna mobile sembrava essere posta a metà strada tra l’osservatore e la luna di riferimento in due diverse condizioni: con un cielo omogeneo e con un paesaggio collinare sullo sfondo.
Secondo la teoria della distanza apparente, la luna all’orizzonte sembrerà più lontana, quindi la disparità binoculare registrata per la luna mobile posta a metà strada tra l’osservatore e il riferimento sarà minore di quella registrata nel caso della luna alta nel cielo (ricordo che a disparità maggiore corrispondono oggetti percepiti come più vicini).
E’ quello che gli autori dello studio hanno osservato, la disparità binoculare registrata dai soggetti è 3,4 volte maggiore per la luna allo zenith rispetto a quella all’orizzonte.
Se volete una pessima riproduzione bidimensionale di questo effetto gli autori lo forniscono, con relativa spiegazione, a questi link (orizzontee zenith).
Tra le due teorie la più valida sembra quindi la prima, quella della distanza apparente, secondo la quale la luna all’orizzonte sembra più grande perchè le attribuiamo una distanza maggiore.
Questo pone però un secondo interrogativo, ovvero perchè a tutti noi la luna all’orizzonte oltre che più grande sembra più vicina?
Perchè una volta che ne abbiamo percepito le dimensioni sulla base della distanza facciamo un ragionamento inverso e deduciamo la distanza dalle dimensioni. Gli stessi autori l’hanno dimostrato sottoponendo a 10 soggetti immagini statiche di paesaggi o sfondi omogenei con lune più grandi o più piccole e nel 90% dei casi le lune più grandi sono state definite come più vicine.
Che sia un’errata interpretazione è dimostrato da un altro esperimento sempre effettuato con il visore tridimensionale: all’aumentare della disparità binoculare l’oggetto sembra più vicino e più piccolo indipendentemente dallo sfondo. Nel caso specifico con un’alta disparità binoculare la luna sembra un piccolo disco da hockey a qualche metro di distanza dal nostro naso e con una bassa disparità binoculare sembra un satellite enorme a una distanza stratosferica. Tutto ciò sia in presenza sia in assenza di punti di riferimento sullo sfondo. Per concludere in bellezza gli autori confutano anche la legge di Emmert per le grandi distanze, dimostrando che in assenza di rilevante disparità binoculare il rapporto dimensioni/distanza non è affatto direttamente proporzionale e una piccola variazione delle dimensioni percepite corrisponde ad una rilevante differenza nella percezione delle distanze, in particolare una differenza dell’8% nelle dimensioni del disco sposta la luna da una distanza di 3 Km a una di 60 metri.
E’ (più o meno) tutto, d’ora in avanti, grazie ai due folli Kaufman, quando guarderete la luna piena sopra al Monte dei Cappuccini potrete sentirvi un po’ Sheldon Cooper e rovinare il momento romantico a tutti i presenti.
*Questa illusione di tridimensionalità si ha perchè le immagini percepite dai due occhi sono tanto più diverse quanto più l’oggetto è vicino all’osservatore. Potete fare una prova mettendo il pollice davanti a voi, prendendo un punto di riferimento più lontano e chiudendo alternativamente l’occhio destro e l’occhio sinistro. E’ uno dei tanti modi che ha il cervello di intuire la distanza degli oggetti nello spazio, nonchè quello che viene sfruttato nei film in 3D: si usano due telecamere poste ad una distanza pari a quella interoculare e un metodo qualunque (come lenti polarizzate in modo diverso) per proiettare entrambe le immagini sullo schermo e far sì che ciascuna arrivi all’occhio corrispondente.
Bel post, ma quelli di Tatooine sono due soli 😉