Ci sono dei giorni, e sono la maggioranza a dire il vero, in cui odio facebook. Odio quel suo continuo attentare alla tua vita personale e privata, un giorno accetti un’amicizia da una persona che non conosci così bene, un altro trovi una tua foto venuta male, ma non ti osi chiedere di toglierla, un altro ti ritrovi a fare un test il cui poco lusinghiero risultato viene notificato a tutti. O più semplicemente sei sommerso di mail che ti avvisano che Tizio ha fatto questo Caio ha richiesto la tua amicizia, Sempronio ha commentato sulla tua foto e non puoi eliminare le notifiche o rischi di perderti qualche commento/invito di fondamentale importanza.
Ma ci sono altri giorni in cui senti la potenza e insieme la bellezza di questo strumento. Oggi è uno di quei giorni. Grazie a facebook, infatti, la mia classe delle medie si è ricostituita pressocchè al completo a distanza di otto anni. Subito otto anni sembrano un’eternità, anche perché le strade si sono divise e i mestieri futuri iniziano ad abbozzarsi e a rendersi visibili. Nella prima mezz’ora vengo a sapere che la mia ex-classe ha prodotto due DAMS, tre ingegneri (informatico, aerospaziale e elettronico), un militare, due architetti, due medici, uno statistico, una linguista, un cuoco, due infermieri, un avvocato, uno spacciatore (presunto), un barista, un economista, un biotecnologo. Di quattro non si hanno notizie dirette o indirette.
Dapprima si rimane storditi da una simile valanga di informazioni, impressioni, facce nuove, barbe e capelli più lunghi o più corti, occhiali e lenti a contatto, stempiature e tatuaggi. Poi, pian piano antichi gesti, espressioni, sorrisi, occhiate riemergono dalle sabbie del tempo e tornano reali. “Tu sei rimasto proprio uguale”, “Per te invece ho fatto fatica, ma parli allo stesso modo”, “Ti ricordi che sbattevi sempre le mani sul tavolo? Guarda, lo fai ancora”, “La risata spezzata è sempre la stessa” “Ti si può ancora disegnare col compasso”. Poi si scopre che quattro hanno cambiato casa, qualcuno più d’una volta, cinque hanno iniziato a fumare, due hanno già smesso, molti lavorano per arrotondare o per mantenersi gli studi, qualcuno sta per andare a vivere da solo.
Sui lavori si potrebbe fare uno studio sociologico, vanno dal classico (ripetizioni) al moderno (webmaster), curioso (ballerina), inaspettato (allenatore di basket), parodistico (call-center) per citarne solo alcuni.
Dopo le prime curiosità “Ma che è il dams?” “Ma esattamente un ingegnere informatico…. cosa fa?” “Ma sai già che specializzazione fare?” inizia il carosello di “Ma scienze dell’architettura? Allora conosci…” “ Ma giurisprudenza corso N? hai mica visto uno alto più o meno così bruno con gli occhiali, si chiama … non so il cognome”, “Ma andavi al galfer? Eri mica in classe con …” a dimostrazione che i 7 gradi di separazione a Torino sono in media 2. Qualcuno scopre di essere vicino di casa di un altro e misteriosamente non averlo mai incontrato in questi anni, qualcuno invece ha visto per strada un compagno, l’ha salutato, o non ha avuto il coraggio, qualcuno è stato salutato in aula studio da un irriconoscibile vicino di banco, qualcuno è passato a scuola per salutare i vecchi professori, altri preferiscono evitare, qualcuno ha riconosciuto professoresse in pensione per strada ed ha avuto la tentazione di investirle.
E ad un tratto in tutto questo parlare e rievocare eravamo di nuovo una classe, tutti gli screzi mitigati dal tempo, perché dopo otto anni si può anche perdonare il vicino di banco che ha rubato il diario segreto dell’amica scoprendo e divulgandone le preferenze. Tutti i litigi sepolti e dimenticati, archiviati come vecchi giocattoli, magari orrendi, ma innocui e teneri. In una serata ho recuperato una quantità di ricordi che non sapevo di avere (per la sicura gioia postuma di un certo Sigmund), la rubrica mentale mi è andata in tilt come se un virus mischiasse nomi, cognomi e facce di compagni di diverse scuole e diverse epoche risultando in un’afasia da fare invidia a tan-tan.
Bella serata, senza riserve e per una volta soltanto, grazie facebook.