Lorenzo ha sempre gli occhi aperti, si guarda intorno con curiosità e ha una smorfia sul viso che assomiglia a una perenne risata. Ogni tanto alza un braccio per afferrare qualcosa di reale o di immaginario che si trova nel suo campo visivo, ma non riesce mai a stringere bene la mano. Allora parla, emette un suono profondo che non si capisce da dove arriva, sempre con quella specie di risata stampata in volto, senza muovere le labbra, senza girare la testa.
La mamma di Sara ha sempre qualcosa da fare. Le lava i denti, le cambia i cerotti sugli occhi, aspira con estrema abilità le secrezioni bronchiali dalla tracheostomia, pulisce la peg con il liquido di lavaggio, le sistema il cuscino sotto le gambe. Però non la accarezza e non la bacia.
Giovanni dorme tranquillo sul letto troppo grande. E’ appoggiato sul cuscino ed è in pace con il mondo. Non sa cosa accade attorno a lui e non gli interessa. Non sa che il suo corpo è grande e la sua testa troppo piccola. Respira velocemente ma senza sforzo. La mamma lo spoglia, lo lava, lo riveste, gli dà un bacio sulla fronte e lui apre gli occhi solo un attimo, poi si riaddormenta.
Irene non sta un attimo ferma, quando la mamma prova a metterle le calze si divincola, si agita, muove le gambe e le braccia come un polipo, come nessuno potrebbe. Li chiamano “moviementi afinalistici” ed è improbabile che siano dovuti ad una caduta accidentale. Così come è improbabile che la stessa caduta abbia causato una frattura temporo-occipito-parietale.
Chiara ha vent’anni e un padre che è a tutti gli effetti un membro dello staff. Sa dove prendere i tubi e le mascherine, discute sulle terapie antibiotiche, lava, aspira, coccola e interpreta gli strani mugugni come segni positivi o di disagio. Ha gli occhi di chi per anni ha dormito più sulla poltrona di questa stanza che nel suo letto.
Alessandro da grande vuole fare il dottore. Ha una valigetta di giochi e di strumenti recuperati in ospedale. Urla, piange e strepita, si divincola “La punturina no”. Resiste mezz’ora poi capitola, ma rimane ferito nell’orgoglio. Quando ritorna a letto è rosso e fremente di rabbia, fulmina con lo sguardo ancora umido di lacrime tutti i dottori che si trova davanti e grida come vendetta, le parole spezzate dai singhiozzi: “Voglio vedere voi se vi faccio la punturina”. Poi due carezze, un palloncino azzurro a forma di spada e la rabbia svanisce. “Vuoi sentire il cuore che batte?” gli sistemano un fonendo nelle orecchie e lo appoggiano sul suo petto. “Lo senti?” Sorride, di quella gioia pura dei bambini.
non dovevo leggerlo alla fine di questa giornata …
grazie Michi